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Quando la Strategia si ispira alla trasversalità e alla multidisciplinarità è il momento di preparare le trincee. Sembra a tutti evidente che, desiderando scrivere di storia dell’arte, si debba studiare la storia dell’arte, volendo scrivere di storia si debba studiare la storia. A uno storico dell’arte o a uno storico tout court che voglia scrivere di fotografia non sempre si richiede lo studio della fotografia. Per non parlare di filosofi, sociologi, psicologi, antropologi, ecc. Date in mano una fotografia a un semiologo e ve la trasforma in tutto ciò che la fotografia non è. La fotografia entra nelle nostre vite attraverso canali diversi, svolge per noi ruoli diversi. È ovvio che sia oggetto di studio all’interno dei più svariati campi del sapere. Ma allora: perché ci sono così poche persone che sanno cosa sia una fotografia? Ciò che sto per scrivere potrà stupirvi, ma vi assicuro che è assolutamente vero. La fotografia ha una storia che ha ormai 180 anni. Una storia fatta di autori, di tecnologie, di applicazioni, di gusto. Una storia di produzione e una storia di ricezione. Le fotografie sono prodotte attraverso lo sfruttamento di un medium che le caratterizza e sono immagini del tutto peculiari in virtù del rapporto particolare che intrattengono con la realtà. Questa leggenda metropolitana secondo la quale la fotografia non avrebbe una specificità propria potrebbe sembrare divertente. In realtà è solo un comodo e pericoloso escamotage per tutti coloro che non avendo di meglio da fare si esercitano creativamente nell’elaborazione di sempre nuove forme di negazionismo fotografico.